ABRACADABRA

Abracadabra è uno spettacolo di magia.

È uno spettacolo che nasce dal nostro innamoramento per la magia.

Ci siamo immersi nel mondo magico e un passo dopo l’altro ci siamo addentrati in tutti i suoi meandri, senza mai finire di fare nuove scoperte, di stupirci e di entusiasmarci. Abbiamo immediatamente avvertito l’immenso potenziale narrativo della magia e abbiamo deciso di dare vita ad uno spettacolo dove triks e illusioni diventino parte integrante del racconto. Uno spettacolo dove le magie non esauriscano il loro valore nell’esecuzione, ma assumano significato in relazione a quello che accade sul palco.

Ad accompagnarci in questo percorso iniziatico di scoperta e di conoscenza, nostro mentore e Virgilio, è stato Francesco Scimemi, prestigiatore di professione da trent’anni, che ha fatto della magia comica la sua specialità. Quando ci siamo conosciuti ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti che avremmo dovuto creare uno spettacolo insieme: uno spettacolo che raccontasse la storia della magia. La vita, come spesso accade, ha deviato il corso delle cose. Francesco ha vissuto il lutto della propria compagna e abbiamo pensato che il nostro spettacolo potesse diventare un rito. Un rito magico e teatrale. Un rito funebre e un rito vitale.

Abracadabra ci prende per mano e ci accompagna in territori da cui spesso scappiamo. È uno spettacolo dove la magia racconta quello che le parole non sanno dire da sole. Abracadabra, grazie ad alcune, iconiche, grandi illusioni, sfuma il confine tra vita e morte e si fa ponte tra la vita e la morte. Abracadabra si chiede che forma si possa dare al dolore.

Si chiede come sia possibile venire a patti con la malattia.

Si può guardarla in faccia?

È possibile starle a fianco?

Un lutto va raccontato?

I morti possono parlare?

Niente può nulla contro la morte, se non la vita.

Ci chiediamo se la frattura tra terra e cielo, tra terra e sottoterra possa essere trasformata in ponte.

Abracadabra è uno spettacolo dove la magia si fa evocazione.

La magia si fa strumento di collegamento, di connessione, di congiunzione.

La magia depone le sue armi davanti alla vita che si spegne e allo stesso tempo ci sorprende ancora una volta e ci accompagna oltre la soglia. Dichiara la sua finitezza, ma non rinuncia ai suoi segreti per scavare più a fondo nell’incomprensibile ovvietà che separa vita e morte.

La magia qui è una lingua che ci permette di nominare l’indicibile e di toccare l’impossibile.

La magia smette di essere spettacolo per farsi corpo.

La magia smette di essere numero per farsi racconto.

La magia smette di essere trucco per divenire sintassi.

La magia qui non è esibizione di una tecnica ma assume su di sé il compito di traghettarci con crudeltà e con dolcezza attraverso la tempesta della malattia e della perdita.

Per raccontare questo attraversamento, la voce di chi sta in mezzo al guado utilizza tutti i colori: il tragico, il grottesco, il poetico. L’ironico, il cinico, il metafisico. La rabbia, la pace, la depressione. Il realistico e l’onirico. Sono strade e sentieri ed emozioni e pensieri che si intrecciano e si rincorrono. A cui non è semplice e, forse, non è nemmeno corretto, mettere ordine.

Un lutto va elaborato? Va cancellato? Va trasformato?

CREDITI

di Babilonia Teatri
con Enrico Castellani, Valeria Raimondi, Francesco Scimemi, Emanuela Villagrossi
scene e costumi Babilonia Teatri
produzione Teatro Metastasio di Prato
Con il sostegno di Operaestate/CSC di Bassano del Grappa e Ariateatro Ets

  • Foto di scena

  • Video promo